Ci sono nuove “porte che si aprono” per la Canapa light?

Si, finalmente la Cassazione ha mosso nuovi passi. La vendita di canapa light è lecita se la medesima rispetta i valori previsti dalla legge (ossia: livello di THC rientra tra i valori dello 0,2 e lo 0,6%), pertanto non possono essere sottoposti a sequestro preventivo i prodotti messi in commercio.

La decisione che è stata depositata in data 31 gennaio 2019, ha annullato senza rinvio il sequestro disposto dal Riesame di Macerata nei confronti di un 28enne che aveva posto in commercio infiorescenze di cannabis.

Osservano i giudici di piazza Cavour, la legge varata tre anni fa, attesta che coltivare delle varietà di canapa non è reato” e “viene consentita senza necessità di autorizzazione”, ossia il coltivatore ha solo l’obbligo di “conservare i cartellini della semente e le fatture di acquisto”. Se all’esito di controlli, il contenuto complessivo di Thc nella coltivazione “risulti superiore allo 0,2% ed entro il limite dello 0,6% nessuna responsabilità è prevista per l’agricoltore” e il sequestro o la distruzione delle coltivazioni possono essere disposti “solo se il contenuto di Thc nella coltivazione è superiore allo 0,6%”.

La norma in questione non tratta la materia della commercializzazione, ma la stessa Cassazione riferisce, “risulta del tutto ovvio che sia consentita per i prodotti della canapa oggetto del sostegno e della promozione” espressamente contemplati dalla legge;

si continua a leggere nella sentenza, che  “se la commercializzazione possa riguardare anche la vendita al dettaglio delle infiorescenze contenenti il Thc (nei limiti) e il Cbd (che non ha effetti psicoattivi) per fini connessi all’uso che l’acquirente riterrà di farne e che potrebbero riguardare l’alimentazione (infusi, thè, birre), la realizzazione di prodotti cosmetici e anche il fumo”.

Pertanto la grande novità di oggi, che esprimono i giudici,  afferma che “dalla liceità della coltivazione della cannabis” stabilita con la legge del 2016 “deriverebbe la liceità dei suoi prodotti contenenti un principio attivo Thc inferiore allo 0,6%, nel senso che non potrebbero più considerarsi (ai fini giuridici) sostanza stupefacente soggetta alla disciplina”.